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Una madre: non ho i soldi per mandare all’asilo mio figlio

 

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Riceviamo e pubblichiamo la lettera firmata da parte di una mamma che, senza perdere la dignità,denuncia i disagi di una condizione sempre più difficile, complici i costi sempre più alti degli asili.

“Con questa lettera vorrei far emergere le difficoltà e il degrado dello Stato sociale in cui vivono nella nostra città intere famiglie di onesti contribuenti se non umili e normalissimi cittadini meritevoli di vivere una vita degna. Sono una mamma di 2 bambini, ho un compagno (padre dei miei figli) e una casa che appartiene ancora alla banca finché non avremo finito di pagarne il mutuo.

Quattro anni fa ho perso il lavoro e ci siamo adattati a vivere col modesto stipendio da operaio metalmeccanico del mio compagno. Non abbiamo perso le staffe nonostante le evidenti difficoltà economiche e abbiamo continuato a credere di potercela fare. Abbiamo rinunciato al superfluo, tagliando tutto ciò di cui si poteva fare a meno e rosicchiando fino all’osso dell’indispensabile.

Abbiamo continuato a credere nelle istituzioni, in un comune e in un sindaco che io stessa ho votato, credendo che, essendo un cittadino come noi, ci avrebbe tutelato per ridarci quella dignità che le giunte precedenti ci avevano tolto. È stato l’errore di valutazione più grande che io abbia mai fatto. Ci ha tolto le ultime eccellenze che la nostra fatiscente città aveva e con esse anche le nostre ultime speranze. I nuovi amministratori hanno distrutto asili e scuole materne.

Le hanno chiuse, vendute, divise, subappaltate; trasferito maestre in procinto di pensionamento e imposto alle famiglie rette astronomiche ed impagabili. Siamo diventati lo zimbello dell’Italia. E come in un incubo senza fine, ora il degrado si abbatte su di noi con il nuovo calcolo Isee che ci pone come famiglia ad alto reddito così da farci aumentare la retta del nido fino ad 1/4 dell’unico stipendio che abbiamo. Con il restante denaro dovremmo sopravvivere, intaccando quell’indispensabile che ci ha mantenuti in salute fino ad oggi.

Non ci resta che togliere il piccolo dalla scuola, non possiamo più permettercela. Non possiamo più lasciarlo insieme agli amici con cui gioiva e con le maestre che con il loro sapere arricchivano le sue giornate. Piangerà il mio bambino perché stava bene insieme a loro. Ci avete umiliato, distrutto, tolto tutto. Eravamo una famiglia felice ed ora l’unica cosa che ci è concesso fare è sopravvivere, tenendo la testa alzata il più possibile per respirare e non annegare. Almeno fino al prossimo taglio.”

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