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Parma Calcio, la Procura indaga per bancarotta fraudolenta

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Come anticipato martedì sera dalle parole di Fabio Caressa riportate dalle nostre pagine, la Procura d Parma ha avviato un’indagine in casa Parma Calcio  per bancarotta fraudolenta. Al momento non si conoscono i nomi degli indagati, ma non si esclude che oltre ai due facilmente presupponibili, vi possano essere anche avvocati, revisori dei conti, commercialisti e professionisti azionisti e componenti del cda complici direttamente o indirettamente del disastro che sta accadendo.

La bancarotta fraudolenta è un reato previsto dall’art 216 RD 267/1942, di cui è chiamato a rispondere l’imprenditore.

Per subire la condanna di bancarotta fraudolenta, l’imprenditore deve avere, prima o durante il fallimento, occultato, distrutto, dissipato i suoi beni, nella totalità o anche parzialmente, con l’obiettivo di danneggiare i creditori.

Un altro caso di bancarotta fraudolenta, prima del fallimento, prevede che l’imprenditore abbia sottratto, falsificato o distrutto i libri e le scritture contabili, così da arrecare danno ai creditori o ingiusto profitto, oppure li abbia trattati in maniera da rendere incomprensibile la ricostruzione certa dei vari movimenti di affari.

Un ultimo caso si ha quando prima o durante il fallimento, l’imprenditore abbia eseguito o simulato dei titoli di prelazione per avvantaggiare determinati creditori rispetto ad altri.

Pena
Per i primi due casi di bancarotta fraudolenta, si ha una pena dai 3 ai 10 anni di reclusione. Per il terzo caso si ha una condanna da 1 a 5 anni.

Inoltre, si subisce l’inibizione per 10 anni all’esercizio di impresa commerciale e di uffici direttivi presso ogni tipo di impresa.

E’importante sapere che la legge prevede che gli eventuali creditori possono chiedere la restituzione dei propri debiti attraverso la procedura fallimentare, che riguarda la situazione patrimoniale del debitore fallito. Inoltre la Corte di cassazione ha enunciato che si verifica un reato di bancarotta fraudolenta documentale, anche senza il dolo specifico, vale a dire anche in assenza dell’intenzione da parte dell’imprenditore di sottarre documenti o comunque tenere comportamenti che rendano la ricostruzione del patrimonio sociale impossibile. La cassazione stabilisce che nel momento in cui un agente tiene un comportamento scorretto, è perfettamente consapevole delle eventuali conseguenze che potranno esserci in seguito, quindi è chiaro che se la contabilità è tenuta in modo irregolare, sarà difficile o impossibile poi ricostruirla. Si compie invece il reato di bancarotta documentale semplice, quando un agente compila la contabilità senza attenersi alla regole previste dalla legge in materia e senza la consapevolezza di rendere così impossibile una eventuale ricostruzione del patrimonio sociale.

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